Oggi incontriamo il decano degli allenatori di basket pescaresi, il Professor Renato Porretti, classe 1930, tessera allenatore nr. 102 presa nel 1948, entrato in una palestra a 14 anni e non ancora uscito. E’ in palestra che lo incontriamo infatti, in un freddo pomeriggio di febbraio, mentre aspetta (lui arriva sempre mezz’ora prima dell’allenamento) che giungano i ragazzi dell’Under 15 della AmatorYale che allena quest’anno.
Settanta anni di basket per raccontare i quali ci vorrebbe un libro, e lo spazio di questo giornalino vuole essere solo un omaggio ad un uomo che ha insegnato la pallacanestro a diverse generazioni di ragazzi e ragazze pescaresi, ed ha formato decine di allenatori.
Professore, ci racconti come ha cominciato e le “tappe” salienti della sua infinita carriera:
Ho cominciato a giocare a 14 anni a Teramo (la mia città di origine) e a 18 ho fatto il corso allenatori. Dopo una breve parentesi a Roma, negli anni ’50 sono venuto a Pescara come allenatore/giocatore ma ho smesso presto di giocare per dedicarmi ad allenare i ragazzi delle giovanili. La prima squadra che ho allenato era quella dei nati nel ’38-’39-’40, una squadra di cadetti (attuale Under 17) con la quale arrivammo in serie C. Ricordo Gabriele Pomilio, Briolini, Aielli, Sulli, tutti ragazzi eccezionali (ora nonni) e grandi giocatori. Un’altra annata ottima fu quella della Libertas Pescara del ’61 (Sergio Sarra – che è arrivato in A1 – Cicconetti, Donzelli, Di Giorgio, Traino ecc..) con la quale abbiamo fatto tre finali nazionali. Poi alla Yale di Gino Baldassarre i ragazzi nati dal ’68 al ’72 tra i quali ricordo Francesco Paci (che oggi collabora con me), Paolini, Di Tommaso, Ciprietti e, naturalmente Stefano Rajola del ’72 che ho allenato per un paio di anni e che è sicuramente il più forte giocatore che è uscito da Pescara.
Nel frattempo, su invito di Aldo Vitale, uno dei massimi dirigenti di basket a livello mondiale, ho creato il movimento femminile a Pescara, partendo da zero e arrivando in A2 dove poi è subentrato Marcello Perazzetti a completare l’opera con la promozione e i tanti campionati di A1. Con le ragazze ho avuto grandissime soddisfazioni (ma anche la più grande delusione), ogni anno facevamo qualche finale nazionale ed abbiamo creato un movimento che ha prodotto due squadre in serie A. Infatti, dopo qualche anno in cui ero tornato alle maschili, rientrai nel femminile e creai la Pitagora con la quale sfiorammo la promozione in A1 perdendo la finale di 1 punto (ed è questa la più grande delusione della mia carriera).
All’Amatori arrivai un po’ per caso ma trovai tre giocatori eccezionali: Lorenzo Capisciotti, Memo Patricelli e Massimo Valentinuzzi (un altro che è arrivato in A1). Su Memo Patricelli ho il rammarico di non averlo potuto allenare di più: lui era un play formidabile ma qualcuno gli cambiò ruolo e lo impostò ala/pivot. Se fosse rimasto play sarebbe arrivato in serie A anche lui.
Negli ultimi 15 anni mi sono trasferito prima ad Atri ad allenare la C1 e poi a Pineto dove sono rimasto oltre 10 anni ed ora i miei allievi hanno fondato una squadra che è imbattuta in serie D (si vede che ho seminato bene…ride).
E quanti allenatori ha formato?
Ho fatto tantissimi corsi allenatori in tutte le province abruzzesi, e nell’ 89 Dino Costa mi ha chiamato come Direttore dei corsi nazionali estivi di Bormio dove sono stato per venti anni ed ho visto diventare allenatori parecchi attuali tecnici di serie A e, (scusate se poco ndr) Mike D’Antoni.
Domanda d’obbligo: come ha visto cambiare il basket e i giocatori in sessant’anni?
Prima c’era molta più attenzione, quasi maniacale, ai fondamentali: si curava il palleggio, il passaggio, il tiro, la difesa, il gioco senza palla ecc…oggi è tutto molto fisico. I ragazzi di una volta che uscivano dalle giovanili sapevano “giocare di più” a pallacanestro. Oggi arrivano ai campionati senior meno pronti e preparati. Ma c’è da considerare anche un’altra cosa: una volta non c’erano tutti i mezzi e gli interessi che hanno i ragazzi oggi (computer, internet, playstation ecc..) per cui si stava in palestra pomeriggi interi a sfidarsi in uno contro uno ed era lì che si formavano i giocatori. Ora i ragazzi prendono l’ascensore (non fanno neanche le scale), vengono accompagnati in macchina a scuola e in palestra e dopo l’ora e mezza di allenamento scappano via perchè hanno mille altre cose da fare. Il tempo dedicato all’attività sportiva non è sufficiente per farne dei buoni atleti e giocatori.
Quest’anno è tornato (seppure attraverso la Yale) all’Amatori: come è andata?
In realtà, dopo gli ultimi due anni all’Antoniana avevo deciso di smettere, poi sono venuti Gino Baldassarre e Fulvio Traino a chiedermi di allenare questo gruppo di ragazzi Under 15 (che è un bel gruppo), che avrebbe fatto il campionato con il nome Amatori in virtù dell’accordo fatto l’anno scorso. Come si fa a dire di no a Gino Baldassarre? E allora ponendo l’unica condizione di non allenare di sera, ho accettato. E sono contento anche perchè all’Amatori, come responsabile tecnico è arrivato Giorgio Salvemini che è uno dei giovani allenatori che stimo di più in assoluto. Ecco, lui è uno che sa valorizzare i giovani ed infatti i ragazzi dell’Amatori che stanno giocando con lui in serie B migliorano di partita in partita. Marco Timperi l’ho visto da bambino a Pineto quando vinse un torneo di ragazzini essendo (col fratello Matteo) il migliore. Si vedeva che aveva i numeri per diventare un giocatore e con Giorgio lo sta facendo. Cristian Di Fonzo matura a vista d’occhio ed ha già una forte personalità mentre Simone Pepe sta diventando un giocatore fondamentale e, quando non rende al meglio, tutta la squadra ne risente: questo significa che ormai è un fattore.
Quindi le piace l’Amatori di quest’anno…
Molto. E’ l’unica squadra che vado a vedere dal vivo perchè è piacevole vederla. Oltre a Rajola (a cui ho voluto sempre molto bene), si vedono tanti giovani allenati benissimo e gioca una bella pallacanestro di squadra. E poi ha un carattere di ferro. Non mollano mai anche quando vanno sotto; la rimonta con Catanzaro mi ha entusiasmato, anche se poi non è arrivata la vittoria, ma la reazione è stata impressionante ed è la caratteristica di questo gruppo.
Ma un’altra grande scelta della società è stata quella del Direttore Sportivo Antonello Giordano, che sta facendo un grandissimo lavoro anche sul fronte “politico” dei rapporti con il territorio.
L’accoppiata Direzione Tecnica-Direzione Sportiva sta funzionando alla perfezione ed auguro all’Amatori che rimanga per molto tempo: nei progetti ci vuole continuità e cambiare tutti gli anni non paga mai. E quest’anno si sta rivedendo anche un buon afflusso di pubblico e mi fa molto piacere per la società perchè se lo merita. Sono “ragazzi” appassionati che fanno molti sacrifici per mantenere la pallacanestro ad un buon livello nella nostra città.
Ufficio Stampa Amatori Pescara