Il Principe
02/09/2018Sono passati sette anni ed in questo mondo, senza rispetto per la storia, il suo esempio ci illumina. Al basket servirebbe la discesa in campo di uomini come lui che invece si tengono distanti per il populismo e la mediocrità dilagante.
Ci ha lasciato stanotte Cesare Rubini, non riesco a scrivere “è morto”, mi fa male, mi sembra impossibile, anche se ormai da tempo stava male, soffriva.
Poco prima di Natale avevo parlato con la sua adorata moglie per avere notizie, e lei mi aveva descritto le sue condizioni, anche per lei era una sofferenza vederlo così.
L’ho conosciuto non ricordo neanche io quando, il primo vero incontro fu a Rieti nel 1979 quando ci convocò, a me ed a Giovanni Piccin e ci disse che avremmo fatto gli assistenti al Centro di Alta Specializzazione a Montecatini. Come sempre con quella sua aria che incuteva rispetto, ed anche un po’ timore. Mi piaceva tanto, forse perchè nel carattere ricordava mio padre: lui ed il prof. Salerno sono stati per me i miei mentori. Quello che ho fatto nel basket lo devo a loro: se non avessero riposto in me la loro fiducia probabilmente non sarei quì, farei l’ingegnere e non avrei vissuto tutte le emozioni che il basket mi ha dato. Nel parlare di lui mi accade di avere la sua reazione, che tanto prendeva tutti noi, mi commuovo, con Claudio Silvestri stamattina l’abbiamo chiamata la sindrome di Rubini.
Ma quanti ricordi mi tornano in mente: il viaggio in Cina, l’incontro a Zagabria in cui mi comunicò la sua volontà di assumermi al Settore Squadre Nazionali, gli incontri con i ragazzi delle nazionali, le cene a Positano quando veniva a riposarsi a settembre, le storie che raccontavano i suoi ex compagni di squadra di pallanuoto o i suoi ex- allievi. A Napoli lo chiamavano “O’ Monacone” per la sua statura imponente, il suo passo lento ed austero che con l’accappatoio addosso lo rendevano simile ad un monaco. Giocò nella mitica Rari Nantes lasciando come sempre ricordi indelebili in tutti quelli che lo conobbero.
Quando mi chiamò a Firenze, dopo una mitica lezione al clinic allenatori (zittendo tutti in modo a dir poco esplicito…), mi comunicò che sarei stato l’assistente di Valerio Bianchini nella Tournée in Cina. Subito dopo mi rimbrottò dicendo che era stata una decisione non sua, ma si fidava di Puglisi e Valerio, ma “che facessi attenzione, mi avrebbe osservato!!!” Nell’ultima partita in Cina davanti a 20mila persone Valerio mi fece parlare alla squadra nello spogliatoio, vincemmo (non certo per merito mio…), ma alla fine venne da me e mi abbracciò complimentandosi con il suo vocione, come dimenticare la mia emozione.
Potrei parlare per ore di lui, mi prese in simpatia, ma sempre a modo suo, con carota e bastone, anche quando presi la squadra di serie A, lo incrociai a Roma in aeroporto, eravamo in pista lui si staccò dalla sua fila e venne ad abbracciarmi facendomi l’in bocca al lupo…
L’ultima volta che l’ho visto eravamo a Bologna credo 5 anni fa, in una riunione del CNA, di cui era presidente onorario, non comprendeva le inutili polemiche su Ettore Messina, si sedette vicino a me ed ogni tanto mi parlava. L’ho sentito poi per telefono ma era sempre più lontano, negli ultimi anni ne avevo notizie solo da Marinella, ma lui resterà sempre dentro di me.
Grazie Signor Rubini!