Arnaldo Rossi, la responsabilità di lavorare insieme
12/15/2015Arnaldo Rossi lo conobbi nel 2009 nell’ufficio di un amico dello sport e dei ragazzi, Mario Vilone. Voi due dovete conoscervi, avete gli stessi obiettivi. Da allora sono passati anni, abbiamo cercato palestre nei posti più incredibili. Abbiamo iniziato a collaborare nel 2010 alla Scuola Neghelli e da allora centinaia di bambini hanno iniziato a fare sport grazie alla Fondazione Laureus ed all’impegno di Arnaldo e dei suoi collaboratori.
La parola che in qualche modo caratterizza la relazione tra Fondazione Laureus Italia e ViviBasket potrebbe essere Eccellenza. Detta così potrebbe sembrare una frase detta per autocompiacersi. Non è questa l’intenzione in quanto non intendo l’eccellenza come stato acquisito ma come percorso.Questo significa avviare un processo di miglioramento continuo, non sentirsi mai arrivati, essere aperti alle novità e interrogarsi costantemente su come rendere delle buone pratiche alcuni valori di riferimento. Prendiamo ad esempio i valori della bellezza, della bontà e dell’equità. Perché questi tre valori? Perché mi fanno pensare a un piatto cucinato da Roberto di Lorenzo! Guardando le foto che spesso posta su Facebook, (benedetti i social network…), e leggendo le sue descrizioni mi ha sempre trasmesso la sua voglia di realizzare qualcosa che risultasse bello, buono e giusto. I piatti di Roberto sono soprattutto belli, nel senso che sono invitanti, curati nel particolare e che accendono un desiderio. Sono buoni …in realtà non li ho mai assaggiati (e questo è un grande rimprovero, ma mi fido dei commenti di chi è stato più fortunato di me), ma dal racconto dettagliato di ingredienti così ricercati traspare quella voglia di offrirti un esperienza unica. E’ come se ti dicesse “ Non ti invito a cena e basta ma voglio offrirti qualcosa che non hai mai mangiato così come te la preparo io”. Giusto invece bisogna intenderlo come equilibrato, basta poco per sbagliare esagerando, azzardando o essendo troppo avari. I suoi accostamenti che sanno di tradizione e innovazione, svelano invece che il sapore è il risultato faticoso di un lavoro in cui ci vuole passione ma anche competenza.
Le nostre due organizzazioni si sono incontrate nell’obiettivo di permettere a bambini e ragazzi che vivono in contesti di forte deprivazione culturale, sociale, economica di acquisire competenze per essere protagonisti della loro vita, attraverso lo sport. Per fare questo abbiamo cercato di lavorare sulla bellezza: allenarsi in una bella palestra, con una bella divisa, suona come qualcosa di effimero ma vi assicuro che è un aspetto fondamentale. Rappresenta il primo segno di rispetto per l’altro. Questo dare rispetto ha fatto si che si ricevesse molto rispetto.
Certo, non basta, il piatto deve essere anche saporito. Per noi ha significato che l’offerta di una vera attività sportiva, richiedesse impegno, sforzo e una reale possibilità di confrontarsi con se stessi (i propri limiti, le proprie possibilità) e con gli altri. Ecco allora che irrompe il tema dell’equilibrio nel cercare di coniugare inclusione e selezione, cooperazione e agonismo e allo stesso tempo, nel cercare il giusto dosaggio tra quello che ti offro e quello che ti devi guadagnare, tenendo presente quello che succede in palestra e quello che avviene negli altri contesti educativi e non (in famiglia, a scuola, nel centro di educativa territoriale, tra gli amici, ecc.).
Abbiamo trovato la ricetta perfetta? No! Ma anche perché crediamo che non esiste.
C’è ancora molto da lavorare? Sicuramente si!
Proprio in questo senso lavorare sull’eccellenza lo intendiamo come processo continuo di miglioramento, dei singoli atleti, delle squadre, degli allenatori e dei dirigenti.
ViviBasket è stata il partner ideale sia perché ha aperto il proprio mondo a bambini che solitamente vengono esclusi sia perché è stata disponibile a mettersi in discussione insieme alle altre persone che si dedicano a loro (educatori, psicologi). Ha intuito che essere un luogo di eccellenza sportiva non significa creare un luogo esclusivo (e quindi che esclude), ma un luogo aperto, che contamina, ma si lascia anche contaminare.
Penso che per questi motivi rappresenta sicuramente un modello per quelle organizzazioni sportive, ma non solo, che lavorano per costruire un nuovo senso di cittadinanza, di comunità.
Grazie!
Arnaldo Rossi, project manager Fondazione Laureus