Dirigere ed allenare le squadre giovanili
11/23/2019In questi primi mesi della stagione mi sono trovato spesso a riflettere sulla gestione tecnica e dirigenziale del settore giovanile, stimolato in questo dalle difficoltà che ci troviamo ad affrontare.
Io ho iniziato nel 1973, l’ho fatto a tutti i livelli ed in diversi ruoli, mi è chiaro che i tempi cambiano e, soprattutto la società in cui viviamo, cambia. Proprio da ciò, a mio parere, nascono le sempre maggiori difficoltà che si incontrano.
Il rispetto dei ruoli e delle rispettive specificità è messo in discussione in ogni aspetto della nostra vita, tutti si sentono autorizzati ad esprimere le proprie idee su qualunque argomento, la libertà di opinione esiste, sia ben chiaro, ma se io faccio il medico non posso entrare nelle scelte di un ingegnere!
Ma la cosa peggiore che tutto ciò viene fatto “urlando”, l’opinione personale diventa verità assoluta, i ragazzi ne sono coinvolti in modo indiretto, ascoltando ciò che ascoltano, da genitori e dirigenti, trovando spesso alibi, ed in modo diretto, sentendosi autorizzati ad esprimere direttamente il proprio parere, con i tecnici ed i dirigenti, usando gli stessi toni…
Io penso che tutto ciò non sia possibile in un gruppo.
Il problema è che molti vogliono svolgere più ruoli invece di provare a fare al meglio il proprio, assumendosene la responsabilità, e lasciando a ciascuno la possibilità di fare lo stesso, aiutando così ciascuno a sviluppare la responsabilità individuale all’interno di un gruppo, accettando i propri limiti, e soprattutto rispettando le capacità ed i limiti degli atri.
Dopo poco tempo che si frequenta uno sport si pretende di capire e decidere per gli altri, e ripeto, la cosa peggiore che lo si fa in modo aggressivo, sguaiato, dando ai ragazzi cattivo esempio e trasformando un’attività altamente educativa in una scuola di malavita.
Fare sport è sempre più difficile per le difficoltà oggettive, per la mancanza di risorse, l’impiantistica indecorosa, l’organizzazione dei campionati sempre più complessa, e quì non mi sento di dare tutte le colpe alla FIP, le leggi cambiano costantemente, difficile a stare dietro a tutto ciò. Soprattutto noi italiani siamo campioni nel cercare tutte le scappatoie possibili per aggirare le regole, diventa veramente un’impresa regolamentare tutto mancando la cultura dello sport, il rispetto delle regole, in quanto tali.
Come ho già detto iniziando queste mie riflessioni, ho vissuto tanti cambiamenti, non penso che sia utile rimpiangere il passato, ma sicuramente la storia insegna che dal qualunquismo, dall’anarchia non nasce nulla di buono.
Ho imparato dai miei maestri il professore Salerno, Taurisano, Novosel, Gamba, Rubini, Messina, tutti molto bravi nel dare regole, nel dirigere, rispettando e valorizzando i propri collaboratori, atleti, allenatori, dirigenti, che la chiarezza nel parlare in modo diretto con le persone, nell’affrontare i problemi responsabilmente, sempre all’interno del proprio ruolo è la chiave per fare sport di successo.