Diventare Coach: il successo di un modello vincente

Diventare Coach: il successo di un modello vincente

03/08/2017 0 Di dilorenzo

ponticielloIn questi giorni ho pensato molto al meraviglioso successo del Cuore Napoli Basket a Bologna, frutto delle intelligenti scelte tecniche di Ciccio Ponticiello e del management diretto dal Presidente Ciro Ruggiero con la collaborazione di Pino Corvo, nel costruire una squadra affidandosi al coach. Già questo è una dinamica purtroppo ormai quasi scomparsa. Parlo di tecnica senza trascurare lo staff che circonda la squadra che ha altrettanti meriti.

Perchè Diventare Cimg_9093oach? Perchè è la filosofia creata da Ettore Messina cui si ispira Ciccio, dalla scelta dei giocatori, alla loro gestione alla conduzione in campo. E’ un modello nato proprio a Napoli, dall’interazione di Ettore con Tommaso Biccardi e Nando Del Prete. Un modello che è stato poi trasferito ai corsi allenatori di cui Ciccio Ponticiello è da anni uno degli istruttori di punta. E’ il modello con cui sono cresciuti anche Robertino e Mattia, anzi loro erano le prime cavie di noi allenatori che provavamo a portare i concetti semplici, e per questo efficaci, di Ettore nell’allenare i giocatori, nel farli crescere, e nel preparare le partite.

La differenza in questi giorni Ciccio l’ha fatta con un gruppo ben amalgamato, che risponde ai suoi stimoli e con cui è possibile preparare un piano partita che annichilisce gli avversari.

Roberto MaggioRoberto Maggio è da sempre un giocatore di grande cuore, intenso e sfacciato ma con la capacità di entrare in sintonia con un coach e diventarne la sua mano in campo. Un esempio da seguire per tutti i nostri giovani, faccia tosta ma voglia di imparare ed ascoltare. Lo ricordo nei primi due anni a Napoli quando dopo poche partite prese in mano la squadra under 18 pur essendo più piccolo di due anni, nella stagione successiva, guidato da Alessandro Stendardo giocò un grande campionato arrivando alla fase interregionale, dove solo una epidemia di varicella impedì a quella squadra di arrivare alla nazionale. Nella stagione 2007-2008 giocò a Barra, con una grande delusione nel campionato giovanile in cui fu squalificato per un episodio molto discusso che lo privò della qualificazione alla fase regionale di Eccellenza. Ma si preparò all’esordio in serie A, che sarebbe avvenuto l’anno successivo se non fosse arrivato il fallimento di Napoli, lo ricordo giocare alla grande le amichevoli della squadra di Maurizio Bartocci. Per qualche settimana aspettò la chiamata di Pavia, che tardò ed alla fine decise per restare in regione. Da allora ha girato tanto divenendo ovunque un beniamino. Mamma Vera e papà Mino, sempre presenti ma non ricordo un solo episodio di intromissione, ci sono rimasti vicino anche quando Roberto è volato via.

MastroianniMattia è venuto da noi portato dal mio vecchio amico Antonio Mastroianni, era poco più di 1,80, si vedeva che sarebbe cresciuto, la qualità fisica della famiglia della mamma (sua zia formidabile saltatrice ed ottima giocatrice di basket) e la testardaggine nel perseguire un obiettivo del papà. Una cosa che voglio sottolineare era che arrivava sempre in palestra con i mezzi pubblici e si metteva a studiare per poi allenarsi anche con due gruppi. Ha continuato a migliorare, anno dopo anno, per poi andare presto a giocare lontano, esperienze che lo hanno fatto crescere anche se per ben due volte con pochissimi minuti di gioco, a Chieti ed a Castelfiorentino, con finti progetti su di lui, senza aver poi il coraggio di farlo giocare. La sua prima consacrazione è stata a Martina Franca con Aldo Russo, tanti minuti in campo e una crescita verticale. Poi la stagione scorsa in cui il Napoli lo ha più che maltrattato, con un tira e molla che alla fine lo ha lasciato a piedi. Passaggio a Falconara con una annata non al livello delle sue potenzialità. Finalmente quest’anno Ciccio Ponticiello punta su di lui ed arriva la consacrazione, il potenziale è alto, espresso per me al 50%, è un giocatore che può seguire la parabola di Davide Pascolo.

La magia è che finalmente qualcuno ha il coraggio di puntare sui ragazzi napoletani, con tutti quelli passati nelle nostre giovanili, Morgillo, i due Spera, Aprea, Maino, Domenicone, Marra, Orsini si sarebbe potuto fare una squadra di A2. E non contiamo tutti quelli emigrati, perchè allora veramente viene il rimpianto, Iannuzzi, Sabatino, Caruso, Vitale, i fratelli Ianuale e dimentico tanti altri.
Ma come ho detto in apertura tutto nasce da quella attenzione sulla persona ancor prima che sull’atleta e sul giocatore di basket, che è il centro del modello di Ettore Messina. Un modello che non è miracoloso, perchè se non c’è la partecipazione di tutti non porta risultati, la responsabilità individuale dei giocatori è determinante. Bravi loro, bravo Ciccio e tutto lo staff che ha ottenuto questo successo.