Non ci sto! Soccavo per quelli come noi.
09/09/2014Sono ormai cinque anni che lavoro a Soccavo. Sì, proprio in questa zona ormai descritta come una delle peggiori del mondo, “una delle maggiori piazze di spaccio d’Europa, dove i napoletani si oppongono allo stato” (cit). Rabbrividisco a leggere ciò che viene scritto. E venerdì notte ho letto anche un articolo di una giornalista napoletana, sulla prima versione online del Mattino, un articolo raccapricciante, pieno di luoghi comuni, scritto per avere consenso e non per descrivere la realtà.
Noi lavoriamo al Polifunzionale, un impianto sportivo con cinque palestre. È il più grande di Napoli, si tratta di una vera oasi di cultura dello sport costruita a Soccavo. Facciamo attività 11 mesi all’anno, dall’attività di base fino all’agonismo, e proprio con il lavoro di base intercettiamo i bambini e le bambine del Rione Traiano. Oggi sono 30 le ragazzine e i ragazzini che giocano a basket con noi. Tutto ciò grazie alla Fondazione Laureus e al lavoro svolto in collaborazione con la Cooperativa Orsa Maggiore, che da sempre lavora nel quartiere con il doposcuola e aiuta le famiglie nell’educazione dei figli.
Come tutti anche noi usiamo Facebook, per comunicazioni – in vista di allenamenti e partite – e amicizia. Ieri sono rimasto senza parole nel vedere bacheche riempite di odio e di insulti, alcuni ragazzi e loro amici hanno scelto quei “muri virtuali”, i social, da riempire con la loro rabbia, il loro odio. Odio e insulti che contagiano chi, nonostante situazioni difficili e spesso delicate, sta riuscendo anche attraverso lo sport a trovare il proprio percorso di crescita e valori da far propri. Ero senza parole. Perché lo scrivo? Perché in cinque anni al Polifunzionale e nelle zone limitrofe non è mai successo nulla, a noi ed a tutti quelli che vengono a giocare con noi, e nella nostra società abbiamo ragazzi che vengono da tutta la provincia e dalla regione.
Ci sono zone particolari nel quartiere, a me è capitato di finirci per caso, mi invitarono solo ad andare via, e lo so non è giusto, non è piacevole. Ma non sopporto però di sentir descrivere Soccavo così come stanno facendo. Io nel Bronx ci sono finito per sbaglio e vi assicuro che le sensazioni sono state ben diverse! Lo sport può essere una strada per aiutare questi ragazzi (leggo che il ragazzo morto giocava a calcio) da noi abbiamo una quindicina di ragazzi che la Laureus sostiene, che giocano a calcio a 5, e anche loro vedono il Polifunzionale come una casa in cui sono uguali agli altri. Ragazzini e ragazzine, per noi un orgoglio: la squadra femminile composta in maggioranza da ragazze di Rione Traiano ha giocato un campionato la passata stagione, il Trofeo Esordienti (è il primo dopo il Mini Basket), senza che accadesse mai nulla. A volte erano le ragazze a chiederci il perché del tanto accanimento aggressivo da parte delle avversarie e dei loro sostenitori. Alle partite venivano tantissimi genitori, parenti, amici, è sempre stata un’occasione di festa, di gita da fare insieme. E vi assicuro che quando a settembre 2011 arrivarono per la prima volta in palestra non fu proprio facile, ma la pazienza dell’istruttore, Antonio Garofalo, delle educatrici dell’Orsa Maggiore e delle psicologhe che seguono i nostri coach hanno fatto sì che le ragazze si legassero fortemente tra loro. Perché i bambini sono sanissimi, siamo noi che dobbiamo aiutarli ad inserirsi. Adesso queste ragazzine sono cresciute, stiamo cercando di non perderle, perché per la loro età oramai sarebbero già fuori dal progetto, ma noi faremo di tutto pur di farle continuare.
Perché è troppo facile descrivere solo le aberrazioni che si vedono, le violenze inaudite e le “bestemmie” che si leggono sui social. La cultura della responsabilità individuale e del rispetto delle regole va insegnata e coltivata nei giovani per poi riportarla nella vita quotidiana. Gli impianti sportivi e le palestre vanno aperte. Sono due anni che cerchiamo di far aprire la palestra della scuola davanti al Polifunzionale ma non riceviamo risposta. E quante altre scuole restano chiuse. Quanta fatica fanno ad andare avanti le Cooperative, vere isole di legalità in queste zone, con l’educativa territoriale in costante ritardo nei pagamenti? È chiaro che poi alla fine sarà necessario trovare un lavoro a questi ragazzi, ma prima almeno proviamo ad educarli alla relazione con il mondo civile attraverso l’inclusione e non rinchiudendoli in un ghetto fisico e morale.